26 gennaio 2011

# libri # Olocausto

Per non dimenticare... Libri sulla Shoah

Domani sarà il Giorno della Memoria e mi sembra giusto e doveroso ripensare ad uno dei capitoli più orribili della storia dell'umanità, non solo in questo giorno, ma ogni giorno della nostra vita perché purtroppo cose simili accadono ancora oggi e non dobbiamo MAI dimenticare che il passo per ripetere la storia è fin troppo breve. Ognuno di noi è responsabile di quello che accade ed è accaduto, chiudere gli occhi non renderà le persone meno colpevoli. Chi non ha lottato contro quell'orrore è colpevole tanto quanto chi l'ha commesso in prima persona. Non chiudiamo gli occhi, né al presente né al passato.


Per questo giorno vi indico alcuni titoli sulla Shoah che conosco personalmente, ma ci sono moltissimi testi che trattano l'argomento.
Pensavo di parlarne, ma temo che le parole che posso scrivere non renderanno giustizia. Se mi verrà l'ispirazione scriverò qualcosa a riguardo. Per il momento credo che un silenzio di rispetto sia adeguato.

TITOLO: Il silenzio dei vivi. All'ombra di Auschwitz, un racconto di morte e di resurrezione
AUTORE: Springer Elisa
EDITORE: Marsilio
COLLANA: Gli specchi della memoria
DATA DI PUBBLICAZIONE: Giugno 1997
PAGINE: 124

TRAMA: Elisa Springer aveva ventisei anni quando venne arrestata a Milano, dove era stata mandata dalla famiglia per cercare rifugio contro la persecuzione nazista, quindi fu deportata a Auschwitz il 2 agosto 1944. Salvata dalla camera a gas dal gesto generoso di un Kapò, Elisa sperimenta l'orrore del più grande campo di sterminio. Eppure conserva il desiderio di vivere e una serie di fortunate coincidenze le consentiranno di tornare prima nella sua Vienna natale e poi in Italia. Da questo momento la sua storia cade nel silenzio assoluto, la sua vita si normalizza nasce un figlio e proprio la maternità è il segno della riscossa. È per lui che Elisa ritrova le parole che sembravano perdute per raccontare il suo dramma.

AUTRICE: Elisa Springer nasce a Vienna nel 1918 da una famiglia di commercianti ebrei. Con le persecuzioni ebraiche in Austria, Elisa decide di rifugiarsi in Italia, dove si trasferisce nel 1940. Denunciata alle SS da una donna italiana, viene arrestata e deportata ad Auschwitz, "deserto di morte senza speranza". All'età di ventisei anni, Elisa vive le atrocità del regime nazista, cominciando un raccapricciante cammino verso la spersonalizzazione, vittima di un mondo che "stava perdendo il suo io, il suo Dio". Tuttavia la forza fisica e spirituale della donna ne rivelano una capacità di resistenza straordinaria, un bisogno incontenibile di credere ancora nella vita, nonostante il supplizio di quei giorni. Elisa sopravvive e costruisce una nuova vita in Italia. Come molti altri reduci dai campi di sterminio, vive, decide di soffocare il suo dolore nel silenzio: per paura di non essere accettata nasconde sotto un cerotto il marchio tatuato nel campo di Auschwitz sull'avambraccio sinistro. La paura di sentirsi diversa, osservata da chi, non potendo comprendere a pieno il significato di quell'esperienza, rispondeva con scherno e indifferenza, la portano a tacere fino a che Silvio, il figlio di vent'anni, volendo capire il passato della madre, la interroga cercando verità fino ad allora represse. Elisa decide così, all'età di settantotto anni, di parlare "per non dimenticare a quali aberrazioni può condurre l'odio razziale e l'intolleranza, non il rito del ricordo, ma la cultura della memoria". Il racconto dei giorni trascorsi nei lager, redatto in italiano, non solo rende giustizia ai martiri che ne fecero esperienza, non solo permette a Elisa di riacquistare un'identità celata ormai da cinquant'anni, ma parla anche alla coscienza di ogni suo lettore. Inno alla forza della vita, le parole di questa donna non lasciano spazio all'incredulità e all'indifferenza; lucido ricordo di una vita dominata dal silenzio, il libro di Elisa Springer diventa testimonianza di un passato, anche italiano, da non rimuovere.

ESTRATTO:
“Lo strazio più grande, in questi cinquant'anni e stato quello di dover subire l'indifferenza e la vigliaccheria di coloro che, ancora adesso, negano l'evidenza dello sterminio. Come tanti altri sopravvissuti mi ero imposta di non parlare, di soffocare le mie lacrime nello spazio più profondo e nascosto della mia anima, per essere io sola, testimone del mio silenzio; così e stato fino a oggi!"
<...> "Ho taciuto e soffocato il mio vero "io", le mie paure, per il timore di non essere capita o, peggio ancora, creduta. Ho soffocato i miei ricordi, vivendo nel silenzio una vita che non era la mia; non è giusto che io muoia, portando con me il mio silenzio."

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TITOLO: Essere senza destino
AUTORE: Kertész Imre
TRADUTTORE: Griffini B.
EDITORE: Feltrinelli
DATA DI PUBBLICAZIONE: Giugno 2004
PAGINE: 223
REPARTO: Narrativa straniera

TRAMA: Gyurka non ha ancora compiuto quindici anni, quando una sera deve salutare il padre costretto a partire per l'Arbeitsdienst. Alla domanda perché agli ebrei venga riservato un simile trattamento, il ragazzo rifiuta di condividere la risposta religiosa, "questo è il volere di Dio". Perché dovrebbe esserci un senso in tutto questo? Poco dopo Gyurka viene arruolato al lavoro forzato presso la Shell, e da lì, un giorno, senza spiegazione, viene costretto a partire per la Germania. La voglia di crescere, di vedere e imparare, l'impulso vitale di questo ragazzo sono così marcati e prorompenti, che la sua "ratio" trova sempre una buona ragione perché le cose avvengano proprio in quel modo e non in un altro.

AUTORE: Nato nel 1929 a Budapest, Kertész è stato deportato nel 1944 ad Auschwitz e liberato a Buchenwald nel 1945. Tornò in Ungheria nel '48 dove lavorò come giornalista in un quotidiano di Budapest fino al '51, quando il giornale, diventato organo del partito comunista, lo licenziò. Dopo due anni di servizio militare, per mantenersi, iniziò a scrivere i suoi romanzi. E' stato autore di pezzi teatrali e traduttore di Freud, Nietzsche, Canetti, Wittgenstein e altri.
Essere senza destino, il suo primo romanzo, è un lavoro basato sulla sua esperienza a Auschwitz e a Buchenwald. Egli stesso ha dichiarato: "Ogni volta che penso a un nuovo romanzo penso a Auschwitz".
Kertész impiegò dieci anni a scriverlo e per molto tempo nessuno lo pubblicò; quando finalmente, nel 1975, apparve in Ungheria, venne totalmente ignorato e l'autore messo al bando. Dovette attendere il crollo del Muro per vedere riconosciuta la sua opera, in patria e all'estero.

ESTRATTO:
“Ogni giorno”, afferma Gyurka, “venivo sorpreso da qualcosa di nuovo, da un nuovo difetto, da una nuova oscenità che colpivano questo oggetto sempre più strano, sempre più estraneo, che pure era stato un buon amico: il mio corpo. Non riuscivo più nemmeno a osservarlo senza provare un sentimento ambiguo, un brivido di orrore”

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TITOLO: Se questo è un uomo
AUTORE: Levi Primo
EDITORE: Einaudi
DATA DI PUBBLICAZIONE: Giugno 2005
PAGINE: 209
REPARTO: Narrativa italiana

TRAMA: Primo Levi, reduce da Auschwitz, pubblicò "Se questo è un uomo" nel 1947. Einaudi lo accolse nel 1958 nei "Saggi" e da allora viene continuamente ristampato ed è stato tradotto in tutto il mondo. Testimonianza sconvolgente sull'inferno dei Lager, libro della dignità e dell'abiezione dell'uomo di fronte allo sterminio di massa, "Se questo è un uomo" è un capolavoro letterario di una misura, di una compostezza già classiche. È un'analisi fondamentale della composizione e della storia del Lager, ovvero dell'umiliazione, dell'offesa, della degradazione dell'uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio.

AUTORE: Primo Levi nasce il 31 luglio del 1919 a Torino, da genitori di religione ebraica. Nel '38, con le leggi razziali, si istituzionalizza la discriminazione contro gli ebrei, cui è vietato l’accesso alla scuola pubblica. Il 13 dicembre del '43 viene catturato a Brusson e successivamente trasferito al campo di raccolta di Fossoli, dove comincia la sua odissea. Nel giro di poco tempo, infatti, il campo viene preso in gestione dai tedeschi, che convogliano tutti i prigionieri ad Auschwitz. È il 22 febbraio del '44: data che nella vita di Levi segna il confine tra un "prima" e un "dopo". L’autore è deportato a Monowitz, vicino Auschwitz, in un campo di lavoro i cui prigionieri sono al servizio di una fabbrica di gomma. Primo Levi è tra i pochissimi a far ritorno dai campi di concentramento. Ci riesce fortunosamente, grazie a una serie di circostanze e solo dopo un lungo girovagare nei Paesi dell'est.
Quale testimone di tante assurdità, sente il dovere di raccontare, descrivere l’indescrivibile, affinchè tutti sappiano, tutti si domandino un perché, tutti interroghino la propria coscienza: comincia a scrivere, elaborando così il suo dolore, il suo annientamento, il suo avventuroso ritorno a casa. Nel '47, rifiutato dalla Einaudi, il manoscritto Se questo è un uomo è pubblicato dalla De Silva editrice.
L’11 aprile del 1987 Primo Levi muore. Dirà di lui Claudio Toscani: «L’ultimo appello di Primo Levi non dice non dimenticatemi, bensì non dimenticate»

ESTRATTO:
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

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TITOLO: Diario
AUTORE: Frank Anne
CURATO DA: Sessi F.
TRADOTTO DA: Pignatti L.
EDITORE: Einaudi
DATA DI PUBBLICAZIONE: Febbraio 2005
PAGINE: XXII-356
REPARTO: Narrativa straniera

TRAMA: Quando Anne inizia il suo diario, nel giugno 1942, ha appena compiuto tredici anni. Poche pagine, e all'immagine della scuola, dei compagni e di amori più o meno immaginari, si sostituisce la storia della lunga clandestinità: giornate passate a pelare patate, recitare poesie, leggere, scrivere, litigare, aspettare, temere il peggio. "Vedo noi otto nell'alloggio segreto come se fossimo un pezzetto di cielo azzurro circondati da nubi nere di pioggia", ha il coraggio di scrivere Anne. Obbedendo a una sicura vocazione di scrittrice, Anne ha voluto e saputo lasciare testimonianza di sé e dell'esperienza degli altri clandestini. La prima edizione del Diario subì tuttavia non pochi tagli, ritocchi, variazioni. Ora il testo è stato restituito alla sua integrità originale, e ci consegna un'immagine nuova: quella di una ragazza vera e viva, ironica, passionale, irriverente, animata da un'allegra voglia di vivere, già adulta nelle sue riflessioni. Questa edizione, a cura di Frediano Sessi - ora arricchita di una nuova prefazione di Eraldo Affinati - offre anche una ricostruzione degli ultimi mesi della vita di Anne e della sorella Margot, sulla base di testimonianze e documenti raccolti in questi anni.

AUTORE: Anna Frank è una ragazza tedesca di origine ebrea, nata a Francoforte nel 1929, che, prima di morire a soli 16 anni nel campo di concentramento di Bergen Belsen, ci insegna il valore della bontà nonostante il mondo disumano in cui si trova a vivere. Perseguitati dai tedeschi, per la loro origine ebraica, lei, la sua famiglia e in seguito la famiglia Van Daan e il Dottor Dussel, furono costretti a stare nascosti in un alloggio segreto, fino a quando furono scoperti dalle SS. Arrestati e portati nei campi di concentramento, la madre di Anna morì di consunzione, e un anno più tardi morirono Margot e Anna di tifo. Tre settimane dopo la loro morte (1954) gli inglesi liberarono Bergen Belsen. Il diario di Anna Frank, fu trovato nell'alloggio segreto e consegnato dopo la guerra al padre di Anna, unico superstite della famiglia. Fu pubblicato ad Amsterdam nel 1947, col titolo originale Het acherhuiscil (il retrocasa).

ESTRATTO:
"la gioventù in, in fondo è più solitaria della vecchiaia." Questa massima che, ho letto in qualche libro mi è rimasta in mente e l’ho trovata vera; è vero che qui gli adulti trovano maggiori difficoltà che i giovani? No, non è affatto vero. Gli anziani hanno un’opinione su tutto, e nella vita nono esitano più prima di agire. A noi giovani costa doppia fatica mantenere le nostre opinioni in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto, in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore, in cui si dubita della verità, della giustizia e di Dio. Chi ancora afferma che qui nell’alloggio segreto gli adulti hanno una vita più difficile, non si rende certamente conto della gravità e del numero di problemi che ci assillano, problemi per i quali forse noi siamo troppo giovani, ma ci incalzano di continuo sino a che, dopo lungo tempo, noi crediamo di aver trovato una soluzione; ma è una soluzione che non sembra capace di resistere ai fatti, che la annullano. Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte il rombo l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.

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