11 settembre 2018

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Seminario sulle tradizioni manoscritte del medioevo germanico - Università di Pisa 8/10/2015 (ripubblicazione)

Un libro è un 'testo', o lo si comprende o non lo si comprende. Vi si trovano forse alcuni brani 'difficili'. Per comprenderli occorrerà una tecnica: questa si chiama filologia. Poiché la scienza della letteratura si occupa di testi, è perduta se non fa uso della filologia: questa non può essere sostituita né dall'intuizione né da alcuna visione di essenze.
E.R. Curtius

Ho avuto il piacere di seguire un interessante seminario tenuto dalla professoressa Maria Rita Digilio all'Università di Pisa il 13 ottobre 2015 riguardo le tradizioni manoscritte del medioevo germanico, dunque ho deciso di condividere con voi gli argomenti trattati con un breve articolo di riepilogo che spero possa piacervi.


L'ecdotica o critica testuale, non può prescindere dal metodo di Lachmann, un metodo che a regime dovrebbe consentire la scomparsa dell'editore, per via di una procedura scientifica, meccanica, inoppugnabile e inevitabile. Per Lachmann i copisti hanno rovinato i testi rendendoli pieni di errori. Lavorando al testo con metodo scientifico, Lachmann credeva di poter arrivare al testo originale nella sua integrità e perfezione. Ma i più rigidi riguardo questa idea sono i Lachmaniani più che Lachmann stesso. Il metodo di Lachmann era asettico e non poteva essere uguale per tutte le filologie, dato che ogni ramo linguistico della filologia si differenzia per numero e tipo di fonti. Per tale motivo, il modo di fare le edizioni critiche deve essere estremamente diverso per ogni filologia, dunque usare approcci diversi pur partendo da uno stesso metodo.

Il metodo Lachmann (1793–1851) non è mai stato scritto da Lachmann, ma fu ricavato dai suoi appunti. La sua ambizione era elaborare una prassi operativa talmente netta e univoca da essere applicata a tutte le lingue e su tutte le tipologie testuali. Essa aveva uno stampo pragmatico, non teorico. L'obiettivo era restituire il testo originale o comunque molto vicino alla sua base. L'autore redige un'opera originale da cui poi vengono redatte delle copie manoscritte che trasmettono l'opera. La copiatura rende impossibile conservare l'originalità del testo dato l'elevato numero di errori dei copisti.

Lachmann era un tedesco dell'800 e la sua ambizione era di ripristinare i testi originali corrotti dai copisti per ricreare la volontà dell'autore. Il metodo prevedeva due fasi di lavoro per creare l'edizione critica di un testo.
1° fase: Recensio
2° fase: Emendatio
Nella fase della recensio, i filologi devono procurarsi tutti i testimoni dell'opera di cui desiderano curare l'edizione critica, confrontare tutti i frammenti e i testi pervenuti. In questa fase è necessario non intervenire con interpretazioni personali, ma procedere tramite un lavoro meccanico e oggettivo, limitandosi ad accostare, trascrivere e confrontare le varie fonti.

Dai manoscritti pervenuti si deve quindi arrivare a capire l'originale, stabilire l'archetipo, che non è l'originale ma il testo ricostruito sulla base di tutte le testimonianze, il quale non necessariamente sarà il testo corretto. Si parte dal principio che l'autore abbia scritto qualcosa di perfetto ma non necessariamente vero. L'archetipo è lo stadio testuale derivato dalla recensio. I testimoni del testo che abbiamo possono essere apparentati sulla base degli errori che condividono. E sono di due tipi: Congiuntivo quando i testimoni condividono lo stesso errore, Disgiuntivo quando un errore in un unico testimone lo distingue e separa dagli altri. I copisti a volte aggiungono o riscrivono brani dove ci sono pezzi mancanti o errori e questa manipolazione di una manipolazione causa danni peggiori. C'è una teoria chiamata Lectio difficilior, secondo cui il testo corretto è sempre quello più difficile.

Quando in un testo si trova un punto difficile da capire o una parte mancante, i vari copisti finiscono per modificare ognuno a modo suo il manoscritto, perdendo il senso del testo originario. Gianfranco Contini definisce questa banalizzazione con il termine diffrazione. Non bisogna quindi considerare necessariamente corretta la versione del brano riscontrata nella maggioranza dei testimoni, ma valutare le parentele dei testi. Bisogna ragionare sui vari frammenti per arrivare a quello più presumibilmente corretto, facendo una scelta non sempre coerente con le precedenti.
Il filologo lavora sulla globalità del testo, rilegge centinaia di volte e analizza tutto nei dettagli, a volte rivolgendosi anche all'aiuto di altre lingue. Anche nel caso di Beowulf ad esempio, in cui vi è un solo manoscritto, si tende a temere di metterci mano, ma a rispettare troppo il testo si fa un torto all'opera laddove venga scoperto un errore. L'editore spesso cambia l'originale per rispettare l'allitterazione, il significato o per questioni grammaticali.
Dopo aver messo insieme tutti i manoscritti, bisogna lavorare all'emendatio ovvero avere il coraggio di correggere per rispettare l'autore. In questa fase c'è il rischio di esagerare nella correzione, come accadde proprio a Lachmann con intromissioni spaventose, così come per i suoi seguaci che non avevano il genio necessario per tale lavoro. Si lavora su una ricostruzione lessicale, linguistica e cognitiva.

Bediér, famoso filologo francese, propone un altro metodo di lavoro, ovvero quello di scegliere un solo testimone, il testo che a proprio giudizio sia il migliore per fedeltà all'originale e rinunciare alla collazione, ovvero al confronto con gli altri testimoni. Si basa quindi su un solo manoscritto, ritenendo inutile applicarsi su tutti gli altri poiché non esiste un metodo certo di lavoro per stabilire cosa cosa sia corretto e cosa no. 

Un testo critico vive a metà tra l'opera originale e la ricerca della verità. L'opera è quella che doveva essere ma non ci è pervenuta, l'altra è la verità del manoscritto che abbiamo.
Per essere efficace il metodo Lachmann deve soddisfare i seguenti requisiti:
  1. La tradizione deve essere chiusa, ovvero deve esistere un solo e unico archetipo.
  2. La trasmissione deve essere esclusivamente verticale, ovvero la copia scritta da un unico antigrafo e le successive copiate sempre da quello precedente.
  3. Stabilire su base certa di errori condivisi, la parentela del manoscritto.
  4. I copisti devono mantenersi fedeli alla fonte.
La tradizione può essere aperta o chiusa. Il metodo dunque funziona solo se derivano tutti da un unico antigrafo, cosa che però non accade quasi mai. Se erano in possesso di due copie diverse di uno stesso testo, ad esempio, i copisti copiavano brani da entrambi i testimoni finendo per rendere inefficace il metodo Lachmann.
Nel 1990 esce sulla rivista Speculum, un articolo sulla discussione già molto viva della critica del testo. Piuttosto che inseguire la chimera del testo giusto con l'analisi delle varie edizioni, suggeriva di affidarsi ad un unico manoscritto. Questo metodo tuttavia produce spesso critiche che banalizzano il lavoro dei filologi, portando alcuni a spacciare per edizione critica la semplice copia dell'edizione di un manoscritto. Se per Lachmann il manoscritto singolo è secondario, per gli altri della new philology diventa principale, si accontentano quindi della storicizzazione del testo.
Il testo letterario medievale non veniva letto direttamente dal pubblico, ma veniva declamato a un pubblico non alfabetizzato che acoltava. Gli elementi della tradizione orale si trasferiscono allo scritto e la tradizione tramandata diventa schizofrenica. Il testo medievale è un'opera aperta a variazioni infinite. La New Philology nega il concetto di testo e il concetto di autore. Se il narratore orale durante la recita di un testo si inventa dei brani, lui stesso diventa un autore.

L'edizione critica si fa tenendo conto di tutte le varianti ma anche segnalando le variazioni al lettore. Il filologo può fare delle scelte a patto che le indichi. I manoscritti si sono contaminati a vicenda e quindi è imposisbile arrivare all'originale. La critica si fa sulla filologia, è la base. Si studia sul testo elaborato dai filologi. La prima critica letteraria la fanno gli stessi filologi.

7 commenti:

  1. Non sono una grande amante di questa materia ma il tuo post mi ha incuriosito tantissimo. Alcune cose riguardanti Beowulf, un'opera che ho amato tantissimo quando ero a scuola. Post trovato inaspettatamente e davvero gradito.

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    1. Grazie mille Inkaddicted! Mi fa molto piacere sapere di averti incuriosito nonostante tutto :D

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  2. La filologia è una materia affascinante, ricordo ancora lo Stemma Codicum del mio esame di Filologia Italiana, e le mille evoluzioni che poteva avere un testo nel giro di qualche anno di copiature!! Da diventare matti!! :-)

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  3. Complimenti per il post! E' stata una lettura davvero interessante :)

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  4. Sembra un tema piuttosto interessante, i post che pubblichi sono sempre molto affascinanti :D

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  5. Ma quante curiosità interessanti! Un blog ricco di contenuti!

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    Molto interessante questo post, complimenti per la scelta dell'argomento.
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